PISTOLA AD ARIA IN CLASSE, DOVE ARRIVANO GLI ADOLESCENTI DI OGGI?

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È di qualche giorno fa la notizia di quanto accaduto all’interno di una prima superiore della città di Rovigo.
Alcuni alunni, tre quelli direttamente coinvolti, hanno sparato a una loro professoressa usando una pistola ad aria compressa. La dinamica sarebbe stata più o meno la seguente: sono stati sparati due colpi verso la docente (colpita all’occhio e alla testa), nel frattempo è stato girato un video tramite un cellulare (nella foto sopra). Il filmato è stato subito diffuso tramite una chat.
Fortunatamente i colpi non hanno provocato ferite, ma ci troviamo ancora una volta di fronte a un fatto che suscita non poco sconcerto.
Si potrebbe discutere di due elementi: in primis l’atto in sé e per ultimo la diffusione del filmato. Andiamo con ordine. Innanzitutto è bene non generalizzare: il fatto in questione è stato realizzato da tre ragazzi non da tutta la classe; anche se non è la prima volta che ci troviamo di fronte ad accadimenti  di questo tenore, non sarebbe corretto affermare “gli adolescenti di oggi sono tutti così”.
In genere chi compie queste bravate non si rende conto della gravità di quanto sta facendo. Si potrebbe parlare di eccesso di superficialità, di mancanza di empatia verso la vittima, di sfida verso le autorità e verso le regole.
Ma da dove arriva tutto ciò?
È difficile rispondere a questa domanda: in alcuni casi si tratta di ragazzi che passano molto tempo al pc e sul telefono. Studi recenti dichiarano che un uso prolungato di tali mezzi aumenta le difficoltà relazionali, diminuisce la competenza emotiva o la capacità di cogliere le sfumature e le ripercussioni di quanto si sta facendo. Altre volte invece si tratta di comportamenti messi in atto per dimostrare a se stessi e agli altri quanto si vale, per sfidare le regole o per attirare l’attenzione dei genitori (cosa che, se avviene denota una carenza genitoriale).
Vorrei concludere questa prima parte con alcune domande, domande poste non per accusare o giudicare ma per riflettere e mettersi in discussione. Perché alcuni ragazzi trascorrono così tanto tempo online? Non hanno altre alternative (musica, sport, amici)? Hanno già provato tutto quando erano più piccoli e quindi adesso sono alla ricerca di altri stimoli ?
E ancora: come mai alcuni adolescenti restano spesso soli? Alcuni genitori devono lavorare entrambi a tempo pieno per arrivare alla fine del mese; alcuni, ma non tutti. Quanto è veramente inevitabile lasciare ragazze e ragazzi da soli durante un periodo così delicato come l’adolescenza. Se un ragazzo è in grado di scaldare un pasto al microonde, non vuol dire che sia il caso che stia da solo tutti i pomeriggi. Cosa vogliono dire questi comportamenti? Si tratta semplicemente di diseducazione o c’è qualcosa di più?
Passiamo ora al secondo aspetto: la diffusione online dei contenuti.
Se fino a qualche anno fa questo aspetto era peculiare solamente dei giovani, oggigiorno sia gli adolescenti che adulti di tutte le età attribuiscono moltissima importanza a foto, video e social network.
Parte della propria identità è affidata a questi mezzi di comunicazione che ci mettono in contatto con gli altri, con il mondo. Soprattutto il fenomeno della condivisione di contenuti e delle visualizzazioni desta curiosità.
Per molte persone è diventato importante “far vedere”; non più fare, provare, vivere, sperimentare… ma far vedere cosa ho fatto, cosa sto mangiando, dove sono in vacanza eccetera. Più è alto il numero di visualizzazioni e di condivisioni, più ci si sente appagati e realizzati. Purtroppo molto ci sarebbe da dire circa i contenuti e la qualità di quanto viene condiviso e visualizzato.
Probabilmente i tre ragazzi hanno agito secondo questo meccanismo: faccio e lo faccio vedere.
Senza voler accusare né giustificare, discutere di quanto accade è sempre fondamentale: per capire, per non ripetere gli stessi errori e per dare a ogni fatto la giusta importanza, senza mettere nel calderone di quanto si scorre su telefoni e pc, anche eventi di una certa rilevanza.

       V.C.



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