BALAKA, L’ESPERIENZA ESTIVA DI QUATTRO RAGAZZE IN MALAWI

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Ester Bodeo, Martina Salvoldi, Antonella Sala e Lucia Milani, residenti nel Lecchese e nella Bergamasca, hanno deciso di fare una vacanza alternativa per quest’estate: in terra di missione, precisamente a Balaka in Malawi, dove opera padre Mario Pacifici, molto legato alla parrocchia di Cernusco. Ester ha 28 anni e vive a Calolziocorte; è un’educatrice e lavora nella scuola primaria. Martina ha 22 anni e vive a Gazzaniga; studia Scienze dell’educazione presso l’Università di Bergamo e lavora con bambini con disabilità. Antonella, 45 anni, vive a Calolziocorte e lavora come impiegata commerciale presso un’azienda. Lucia di Calolziocorte ha 21 anni ed è una studentessa in Scienze dell’organizzazione presso l’università Bicocca di Milano.            

Come mai avete deciso di fare questa scelta di “vacanza alternativa”?
Ciascuna aveva motivazioni diverse: riscoprire valori ormai svaniti in Italia come l’accoglienza, l’amore, l’educazione e il rispetto reciproco; la voglia di riscattarsi e rimettersi in gioco nella vita; la voglia di fare un viaggio introspettivo e di riscoperta di sé stessi. Parlando e confrontandoci tra di noi, è però emersa una cosa in comune; quel desiderio profondo di partire per mettersi a disposizione dell’altro. È un desiderio che senti dentro e che non riesci a ignorare. È una predisposizione che prima o poi si manifesta.

Per quanti giorni e dove siete state?
Il nostro viaggio è durato tre settimane. Abbiamo alloggiato presso la casa dei Padri Monfortani di Balaka, in Malawi. Qui operano padre Piergiorgio Gamba, padre Angelo Assolari e fratel Roberto, che ci hanno accolte e da subito ci hanno fatte sentire a casa. Grazie a loro sono nati e continuano a nascere nuovi progetti per la costruzione di scuole, centri sanitari, centri di accoglienza e molto altro. Il distretto di Balaka è uno dei ventotto distretti del Malawi, situato nella zona meridionale del Paese. Ha una popolazione di circa 253mila persone che vive con un reddito medio inferiore a un paio di dollari al giorno. L’impatto è forte quando percorriamo per la prima volta le strade polverose di Balaka. Vediamo solo un’immensa spianata di terra, terra rossa che si attacca ai vestiti e ai capelli, terra che ti entra negli occhi. Piccole capanne di fango e paglia, qualche rara casupola fatta di mattoni, tante persone a piedi che affollano la strada e poi il buio della notte, che quando arriva è veramente buio e non vedi più niente.

Avete incontrato Padre Mario? Come sta?
Lo abbiamo incontrato pochi giorni dopo il nostro arrivo, presso Andiamo Youth Cooperative Trust. Si tratta di una cooperativa fondata da lui e Cesare Castelli che oggi conta quasi 700 lavoratori nell’ambito dell’assistenza sanitaria, l’istruzione, la formazione professionale, l’edilizia, l’agricoltura, la meccanica, e l’ambito musicale. Proprio in questo contesto nasce la Alleluya Band, fondata nel 1978 come coro di chiesa e diventata oggi punto di riferimento musicale in tutto il Malawi. Padre Mario ci ha accolto con entusiasmo e gioia e in poco tempo ci ha trasmesso la sua frizzante personalità e il suo grande amore per l’Africa.

Di cosa vi siete occupate?
Come prima esperienza, il nostro viaggio è stato più che altro di conoscenza della realtà e della cultura malawaiana. Durante la nostra permanenza abbiamo aiutato nella distribuzione di materiale scolastico, di vestiti e cibo alle famiglie più bisognose, principalmente al Cecilia Youth Centre, un centro di aggregazione giovanile aperto a ragazze e ragazzi di villaggi e tribù diverse, religioni e fedi senza confini. 

Com’era la vostra giornata tipo?
La ricchezza più grande di questo viaggio è stata che ogni giorno era diverso dall’altro, grazie alla nostra guida: bambo (Padre in lingua Chichewa) Eugenio Cucchi, missionario Monfortano in Africa dal 1975 (oltre al Malawi è stato anche in Burundi, Congo e Kenya), ora parroco della parrocchia di Balaka. Ci ha accompagnato in questa avventura tra asili, scuole, villaggi sperduti, comunità di lebbrosi, centri per bambini con disabilità, orfanotrofi e prigioni dove è stato avviato un programma di reinserimento in società tramite l’insegnamento di un mestiere. Ogni giorno trascorso con lui è stato pieno di entusiasmo e serenità. Ci ha raccontato della cultura dell’Africa, delle abitudini e costumi della popolazione locale e della fatica del loro vivere quotidiano. Abbiamo vissuto anche due giorni di relax al lago Malawi, dove abbiamo nuotato insieme ai pesci colorati, dato da mangiare alle scimmie e ammirato maestose aquile. Abbiamo anche goduto di un tramonto con colori mai visti insieme al nostro… bambo.

Consigliate un’esperienza simile ad altri ragazzi giovani?
Assolutamente sì! Il contesto in cui ci siamo inserite non era semplice, eravamo degli “azungu” (bianchi) e tutti ci guardavano con occhi curiosi, a volte diffidenti. Ma se non hai timore di lanciarti, l’Africa può darti lezioni di vita. L’Africa è comunità, accoglienza e amore. Come dice il nostro bambo Cucchi: “Visitare il Malawi significa rientrare cambiato. Si visita per esserne visitato”.

Quale messaggio avete portato a casa al termine di questa esperienza?
Difficile trasmetterlo in poche righe. Quest’esperienza ci ha segnato profondamente. Quello che ci rimane dentro è la dolcezza dei bambini, le persone sempre sorridenti e festose, l’accoglienza nei villaggi: strette di mano, saluti, gente disposta a condividere con te il poco cibo che ha. I canti e le danze tradizionali delle tribù. Portiamo a casa tanta speranza e voglia di fare. Forse la nostra paura più grande è che la nostra società, con i suoi ritmi e le sue regole, possa farci dimenticare questa voglia di vivere, ma sentiamo nostro il dovere di proteggerla e farla crescere. Le lacrime, in questo viaggio, sono scese sul nostro viso perché solo chi vive questa forte esperienza sa quello che si respira. Il senso continuo di gratitudine e di felicità. Prima di partire spesso dicevamo: “Vado in Malawi ad aiutare”. A oggi ci ricrediamo. Non abbiamo aiutato nessuno, l’Africa non deve essere aiutata né cambiata, anzi, è stata lei a cambiare noi. Vogliamo lasciare un messaggio e dedicarlo a tutti i bambini incontrati durante il nostro viaggio: “Non mollate mai e grazie per quello che avete lasciato nel nostro cuore. Noi ci impegneremo a portare un po’ di voi in Italia”.

Com’è possibile sostenere concretamente questa realtà?
A questo proposito vorremmo far presente il progetto delle adozioni a distanza. Purtroppo le difficoltà economiche in Italia si riflettono anche in Malawi. Il numero delle adozioni nel momento migliore era di 4000 bambini, mentre ora è sceso a soli 1500. In realtà per noi si tratta di una cifra relativamente bassa (250 euro annuali), ma per loro molto importante, perché prevede un sostegno economico mensile al bambino e alla sua famiglia, l’assistenza medica e scolastica e la possibilità di accedere alla scuola superiore. Per avere informazioni e avviare una nuova pratica scrivere a amicidellemissionibg@gmail.com. Inoltre, chi fosse interessato a conoscere in maniera più approfondita questa esperienza meravigliosa, storicamente chiamata “Viaggio Cucchi”, può prendere contatto con i Padri Monfortani di Bergamo: missioni@missionimonfortaneonlus.it. “Zikomo kwambiri (grazie mille) Malawi, Zikomo kwambiri Bambo Cucchi!”.

Ci ritornerete?
L’intenzione è di tornare in Malawi l’estate prossima. Questa volta, però, impegnandoci in un progetto più concreto. Durante la nostra permanenza abbiamo conosciuto tanti volontari che operano in questo territorio da diversi anni. Vorremmo unire le nostre forze con le loro e dare vita a nuovi progetti. Qualcosa bolle già in pentola!

D.V.



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